Porto Canale di Cesenatico: la “Venezia romagnola” costruita da Leonardo

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Il Porto canale di Cesenatico nasce in epoca antica, agli albori del secolo XIV a opera del Comune medievale di Cesena. Sotto l’egida dell’amministrazione comunale viene scavato e dotato di una piccola fortezza, a scopo difensivo.

I Borgia

Tra il 1499 e il 1500 Papa Alessandro VI “sguinzaglia” Cesare Borgia detto il Valentino (suo figlio illegittimo) contro le signorie romagnole, a partire da Imola e Forlì. La vittoria vale al Borgia il titolo di Duca il quale, fondando un nuovo ducato di Romagna, ne erge Cesena a capitale. Il pragmatismo, il buon governo e la bellezza, nonostante la ferocia, del Valentino sembrano aver lasciato in Romagna forti tracce e grande ammirazione che perdura ancora oggi.

Pragmatismo che si evince anche dalla necessità di apportare delle migliorie a quel “porticciolo”, atte a fortificare la difesa della città cesenate e che si concretizza con l’affidamento di tale incarico al genio di Leonardo, “architecto ed ingegnere” il quale, secondo fonti scritte, errava da tempo per conto del Duca:

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Il progetto di Leonardo da Vinci

Si ha testimonianza della presenza di Leonardo a Cesenatico il 6 settembre del 1502, come si evince anche da due disegni riportati sul Codice L, uno dei taccuini leonardeschi – oggi conservato presso la biblioteca dell’Institut de France a Parigi – rappresentanti rispettivamente una veduta a volo d’uccello e una pianta quotata e orientata.

Secondo il nuovo progetto, si sarebbe sbrogliato l’annoso disagio dell’insabbiamento dell’imboccatura. Nondimeno, Leonardo modifica orientamento e lunghezza delle singole palizzate, espandendo i bacini collegati, permettendo alle acque marine di entrare e accumularsi, contenute da delle paratie mobili, ma capaci di defluire agevolmente con la bassa marea, così agevolando l’ingresso.

Dal 1502 a oggi…

Prima ancora di arrivare ai nostri giorni, il porto canale si è rivelato fondamentale per un altro pezzo di storia italiana: è da lì che Garibaldi e duecento sodali salperanno a bordo di “bragozzi” (pescherecci) per Venezia, nel 1849, con lo scopo di salvare La Serenissima.

Attualmente il canale resta il fulcro della città: non solo aggregatore sociale, ma anche luogo di attività commerciali, locali e turismo. Parimenti, questo centro regala anche diversi punti di interesse, quali:

  • piazza Pisacane, che accoglie la statua eretta in onore di Garibaldi e la sua solenne iscrizione;
  • l’antica pescheria ottocentesca;
  • piazzetta delle Erbe, che si raggiunge oltrepassando la pescheria;
  • piazzetta delle Conserve;
  • piazza Ciceruacchio, caratterizzata da un profilo di piastrelle di diverso colore che tracciano la pianta dell’antica Torre Pretoria, un tempo a difesa del porto dalle fuste dei pirati e in seguito distrutta durante le guerre napoleoniche;
  • resti delle originarie banchine con le palafitte;
  • il museo galleggiante della marineria, ospitato nel tratto più interno e antico.

Il museo della marineria

La sezione galleggiante

La sezione galleggiante alloggia in acqua dieci imbarcazioni tradizionali,  contraddistinte da colori e dipinti vivaci – spesso recanti simboli legati alle famiglie proprietarie – nonché da bellissime e variopinte vele, colorate con terre naturali e anch’esse decorate finemente.

Le vele vengono ammainate durante la bella stagione (generalmente da Pasqua a ottobre) e sono diventate tanto importanti da dare vita a una sorta di “araldica” marittima.

Le vele

Son queste, forse, più che le imbarcazioni le vere regine del museo. Con il tempo hanno assunto un significativo valore storico, antropologico e culturale. Non solo espressione artistica, ma anche identitaria in quanto i dipinti e gli accostamenti cromatici simboleggiavano gli armatori.

Le vele “al terzo” (di forma trapezoidale con un pennacchio sporgente di un terzo oltre l’albero) venivano colorate mediante l’uso di ocre naturali dai colori giallo, rosso e arancione: colori atti a garantirne la visibilità, anche nell’estrema necessità di soccorso.

Il processo di tintura prevedeva la mescita delle terre con acqua e un legante, spalmato con una spugna, per poi procedere con l’immersione in acqua di mare affinché il colore si fissasse (e proteggesse le tele).

Diversi i simboli utilizzati, tra cui il delfino (che ha generato diversi diverbi), icone religiose, disegni legati al cognome o al soprannome del capobarca. Diverse vele sono issate sulle case dei pescatori che si trovano nello Squero, una darsena ridotta, all’interno del porto canale.

Le decorazioni più in auge erano “gallone”, “moccolo”, “striscia”, “pappardella”, “tovaglia” e “tovaglioli”. Alcune, invece, erano scelte e utilizzate a scopo propiziatorio, come gli occhi o gli angeli musicanti in prua.

Non molto diversamente da quanto accade oggi, dalla conversione di alcune imbarcazioni da pescherecci a trasporto per turisti, queste sono diventate veri e propri spazi pubblicitari su cui rappresentare marchi e nomi di prodotti sponsor.

Questa splendida parata di bragozzi, a Natale, si trasforma in un bellissimo e luminosissimo presepe su acqua.

Le imbarcazioni si possono osservare, ma è anche possibile accedere all’interno del traboccolo da trasporto “Giovanni Pascoli”, per esplorarne la stiva, ampia, e le cabine, anguste, per capire quale fosse la vita dei marinai.

La sezione a terra

Questa affaccia sempre sul porto canale e ospita altre imbarcazioni, nonché oggetti e testimonianze della marineria adriatica.

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