In realtà non è una novità: l’accesso dei cani in spiaggia è una realtà abbastanza praticata sulle coste italiane.
Ma quali sono le regole da rispettare?
La normativa in merito si rifa alla legge nazionale: la quale non vieta ai possessori di cani e gatti di portarli con sé, sulle spiagge libere.
Tuttavia, la disciplina può essere demandata ai comuni: i sindaci hanno facoltà di vietare agli animali l’accesso alla battigia o ad altre aree pubbliche limitrofe al mare. Regolamenti che, però, abbisognano di valide motivazioni: non sono ammessi divieti generalizzati laddove il Comune possa (debba) individuare delle aree destinate appositamente alla balneazione dei cani, anche ad orari prestabiliti.
Con la sentenza del TAR Lazio si vuole sottolineare proprio questo. Il Giudice ha annullato l’ordinanza sindacale con cui si vietava ai proprietari di entrare in spiaggia con i cani.
che, tuttavia, deroga alle regioni la disciplina dettagliata. Queste, comunque, non possono emanare regolamenti contra legem: insomma, nonostante l’autonomia decisionale non possono avversare liberamente quanto stabilito a livello statale.
È «irragionevole ed illogica, oltre che irrazionale e sproporzionata» l’ordinanza sindacale che vieta di portare qualsiasi tipo di animale sulle spiagge libere, anche con museruola e guinzaglio.
Deduce altresì la manifesta irragionevolezza e la violazione del principio di proporzionalità, circa il rapporto tra le esigenze pubbliche da soddisfare e l’incidenza sulle sfere giuridiche dei privati.
La totale assenza di motivazione, infatti, non consentirebbe di apprezzare se il divieto sia riferibile a ragioni riconducibili all’igiene dei luoghi ovvero alla sicurezza di chi frequenta le spiagge.
La motivazione del provvedimento avrebbe dovuto inoltre contenere una specifica giustificazione delle misure adottate, idonea a verificare anche il rispetto del principio di proporzionalità, poiché l’Autorità comunale avrebbe dovuto individuare le misure comportamentali ritenute più adeguate, piuttosto che porre un divieto assoluto di accesso alle spiagge.
Insomma: la PA per giustificare il divieto deve addurre delle valide motivazioni e trovare un’alternativa valida, indicando anche le misure comportamentali più adeguate piuttosto che trincerarsi dietro a un niet.
Quindi ricordiamo: nessuno può cacciare voi e il vostro “pelosetto” se non le autorità competenti.
Una precisazione ignorata dalla maggior parte è che, lo stretto divieto di accesso degli animali in spiaggia, viola un principio di uguaglianza – costituzionalmente garantito – discriminando, infatti, i possessori di cani e gatti.
Si ribadisce, infatti, che tale negazione va accompagnata perlomeno da delle alternative o da delle deroghe, anche limitate a specifici orari e/o date misure di sicurezza (come guinzaglio e museruola).
E questo valga anche se dietro le motivazioni dell’amministrazione c’è la necessità di garantire la pulizia dei lidi e l’incolumità dei bagnanti, potendosi espletare in misura differente.
Il proprietario ha due diverse responsabilità: una giuridica e l’altra legata prettamente alla salute del suo amico a quattro zampe
Il proprietario è direttamente responsabile, sia sul piano civilistico che su quello penalistico, di ogni danno arrecato dal proprio animale. Nel primo caso trattasi di risarcimento danni, mentre nel secondo si risponderà anche di lesioni colpose.
Entrambe le situazioni sono sanzionabili se e solo se si verificano, quindi a illecito realmente commesso e non anche in via preventiva, stante la potenzialità del pericolo
Chiunque porti con sé un animale al mare è tenuto ad accudirlo e a gestirne i bisogni al meglio.
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